Ratei Come si Calcolano: analizziamo insieme la loro funzione!
Oct 27, 2025RATEI COME SI CALCOLANO: GUIDA COMPLETA ALLA CONTABILITÀ ITALIANA
Nel sistema della contabilità generale, la rappresentazione corretta della realtà economica e patrimoniale di un’impresa non può prescindere dall’applicazione di alcuni principi cardine. Tra questi, il principio di competenza economica costituisce il riferimento imprescindibile per comprendere come si calcolano i ratei e perché siano indispensabili nella redazione del bilancio d’esercizio. Tale principio stabilisce che costi e ricavi devono essere imputati all’esercizio al quale si riferiscono, indipendentemente dal momento in cui si manifestano i relativi flussi finanziari. In altri termini, ciò che conta non è quando un pagamento o un incasso avviene, ma quando un determinato costo ha contribuito a generare un ricavo o quando un ricavo è stato effettivamente conseguito.
Questa impostazione nasce dall’esigenza di produrre un bilancio che rifletta con fedeltà la performance aziendale, senza distorsioni dovute a tempistiche di incasso o pagamento che non sempre coincidono con il periodo economico di riferimento. Molte operazioni aziendali, infatti, hanno effetti che si estendono su più esercizi. Un servizio fruito a cavallo tra due anni, un finanziamento con interessi maturati ma non ancora corrisposti o un contratto di locazione che prevede pagamenti posticipati sono solo alcuni esempi che dimostrano come i fenomeni economici e quelli finanziari non coincidano sempre nel tempo. Senza adeguati strumenti di rettifica e integrazione, il bilancio rischierebbe di fornire un’immagine parziale o fuorviante, compromettendo la capacità degli stakeholder di valutare correttamente la solidità e la redditività dell’impresa.
Per colmare questo disallineamento tra dimensione economica e finanziaria si ricorre a particolari scritture contabili, denominate scritture di rettifica e integrazione. Esse intervengono alla chiusura dell’esercizio e hanno il compito di adeguare i valori già registrati in contabilità durante l’anno alla logica della competenza economica. In questo contesto trovano collocazione i ratei, che rappresentano la categoria di scritture di integrazione più rilevante quando si tratta di imputare a un esercizio quote di costi o ricavi la cui manifestazione finanziaria avverrà soltanto in futuro. La comprensione dei ratei è quindi centrale per chiunque si occupi di bilancio, perché consente di garantire che ogni periodo rifletta la reale entità delle risorse consumate o prodotte, a prescindere dalla tempistica dei movimenti di cassa.
Il ruolo dei ratei non è marginale, poiché incide direttamente sul risultato economico dell’esercizio e sulla rappresentazione dello Stato Patrimoniale. Un costo non imputato al giusto esercizio rischierebbe di sovrastimare l’utile, mentre un ricavo non rilevato tempestivamente porterebbe a una sottostima della redditività. Allo stesso modo, la mancata registrazione di ratei passivi comprometterebbe la corretta rappresentazione delle passività dell’impresa, mentre l’assenza di ratei attivi falserebbe l’entità delle attività. In entrambi i casi, il bilancio perderebbe la propria funzione informativa e la sua attendibilità, con conseguenze negative sulla fiducia di soci, creditori e investitori.
Il metodo della partita doppia, che governa tutte le registrazioni contabili, trova applicazione anche nelle scritture di rateo. Ogni operazione deve essere registrata con la consueta logica di Dare e Avere, assicurando l’equilibrio complessivo dei conti. In tal modo, anche i valori economici maturati ma non ancora manifestatisi finanziariamente vengono adeguatamente rappresentati. Imparare come si calcolano i ratei significa quindi anche comprendere quali conti movimentare e con quale logica, affinché il bilancio rifletta fedelmente i fenomeni di competenza.
Il principio di prudenza si affianca a quello di competenza economica nella giustificazione dell’utilizzo dei ratei. La prudenza impone che nel bilancio vengano rilevati tutti i costi e i rischi conosciuti, anche se la relativa uscita monetaria avverrà successivamente. Questo garantisce che il risultato economico non sia sopravvalutato e che l’impresa mantenga una rappresentazione cautelativa della propria situazione. Applicare correttamente i ratei significa, quindi, evitare di distribuire utili inesistenti o di sottovalutare passività già maturate, salvaguardando la stabilità patrimoniale dell’azienda.
In conclusione, l’introduzione dei ratei nella contabilità rappresenta una risposta tecnica e normativa a un problema concreto: assicurare che la rappresentazione del reddito e del patrimonio sia veritiera e corretta. Conoscere come si calcolano i ratei è una competenza che ogni professionista della contabilità deve possedere per garantire la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni contabili, strumenti fondamentali per le decisioni gestionali, strategiche e di investimento.
DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI RATEI
I ratei sono definiti come quote di costi o di ricavi di competenza di un esercizio che, tuttavia, avranno manifestazione monetaria soltanto in uno o più esercizi successivi. La loro funzione è strettamente collegata al rispetto del principio di competenza economica, poiché consentono di inserire nel bilancio valori già maturati economicamente ma non ancora registrati finanziariamente. Comprendere come si calcolano i ratei significa quindi individuare la quota di valore che appartiene all’esercizio in chiusura e che deve essere riportata in contabilità per assicurare una corretta determinazione del reddito.
Per inquadrare correttamente i ratei, è importante distinguerli da un’altra tipologia di scritture di rettifica: i risconti. Mentre i ratei sono scritture di integrazione, che introducono valori non ancora registrati, i risconti sono scritture di rettifica, che rinviano a esercizi futuri quote di costi o ricavi già registrati finanziariamente. Nei ratei, dunque, l’elemento economico precede quello finanziario; nei risconti accade l’opposto. Questa distinzione, apparentemente tecnica, ha un impatto pratico rilevante perché determina modalità e logiche di registrazione differenti.
I ratei si suddividono in due categorie principali: attivi e passivi. I ratei attivi rappresentano quote di ricavi già maturati economicamente nell’esercizio in chiusura ma non ancora incassati. Si pensi, ad esempio, agli interessi attivi su un finanziamento con scadenza posticipata: al 31 dicembre, una parte degli interessi è già maturata e deve essere imputata al bilancio, anche se il relativo incasso avverrà solo nei primi mesi dell’anno successivo. La corretta rilevazione avviene attraverso l’iscrizione di un credito nello Stato Patrimoniale e di un provento nel Conto Economico. Sapere come si calcolano i ratei in questi casi implica la capacità di determinare l’ammontare maturato, spesso con criteri temporali di ripartizione su base giornaliera o mensile.
I ratei passivi, al contrario, sono quote di costi maturati nell’esercizio in chiusura ma che saranno pagati in futuro. Un esempio tipico è rappresentato dagli interessi passivi su mutui o obbligazioni: al 31 dicembre, una parte degli interessi è già di competenza ma verrà corrisposta solo nell’anno successivo. In questo caso, la rilevazione prevede l’iscrizione di un debito nello Stato Patrimoniale e di un costo nel Conto Economico. Anche in questa ipotesi, determinare come si calcolano i ratei significa calcolare con precisione la quota di interessi maturati fino alla data di bilancio.
La classificazione dei ratei come attività o passività nello Stato Patrimoniale non è meramente formale. Essa riflette la natura economica del valore: un diritto di credito già maturato, nel caso dei ratei attivi, o un’obbligazione già sorta, nel caso dei ratei passivi. In entrambi i casi, il principio sottostante è che il bilancio deve includere valori di competenza economica, indipendentemente dal fatto che siano stati incassati o pagati.
Il calcolo dei ratei si fonda su criteri oggettivi e proporzionali. In presenza di un contratto che copre un periodo a cavallo tra due esercizi, occorre ripartire il costo o il ricavo totale in funzione della durata temporale, attribuendo a ciascun esercizio la quota corrispondente. Questo processo matematico, apparentemente semplice, richiede in realtà grande attenzione e precisione, poiché eventuali errori possono compromettere l’attendibilità del bilancio. Conoscere i ratei significa dunque saper applicare correttamente formule di ripartizione temporale, verificando che la quota imputata rifletta la reale maturazione economica del valore.
Infine, è importante sottolineare che i ratei non sono valori ipotetici o stimati, ma valori già maturati e certi, la cui liquidazione è semplicemente posticipata. Non rappresentano quindi una previsione futura, ma la rilevazione di diritti e obbligazioni già sorti. La loro funzione è garantire che il risultato economico e la situazione patrimoniale riflettano fedelmente la realtà aziendale al termine dell’esercizio.
CONTABILIZZAZIONE E IMPATTO SUL BILANCIO
La contabilizzazione dei ratei rappresenta un passaggio fondamentale nel processo di chiusura del bilancio d’esercizio. Comprendere come si calcolano i ratei significa anche saper tradurre tale calcolo in scritture contabili che rispettino la logica della partita doppia. Ogni rilevazione deve infatti movimentare simultaneamente un conto economico e un conto patrimoniale, così da riflettere la duplice natura del fenomeno.
Per quanto riguarda i ratei passivi, la scrittura tipica al 31 dicembre prevede di registrare in Dare il costo di competenza (ad esempio, interessi passivi) e in Avere il conto “Ratei passivi”, che rappresenta il debito sorto. In questo modo, il Conto Economico include il costo maturato nell’esercizio e lo Stato Patrimoniale evidenzia l’obbligazione verso terzi. Nell’esercizio successivo, al momento del pagamento, la scrittura prevede di stornare in Dare il conto “Ratei passivi” e di movimentare in Avere la liquidità in uscita, chiudendo così il debito e imputando al nuovo esercizio la quota di competenza.
Per i ratei attivi, la logica è speculare. Al 31 dicembre, si registra in Dare il conto “Ratei attivi”, che rappresenta il credito maturato, e in Avere il provento di competenza, come interessi attivi o fitti attivi. Questa scrittura consente di imputare al Conto Economico il ricavo già maturato e di iscrivere nello Stato Patrimoniale un credito verso terzi. Nell’esercizio successivo, al momento dell’incasso, il conto “Ratei attivi” viene chiuso e la liquidità registrata, mentre la quota di ricavo di competenza del nuovo esercizio viene contabilizzata separatamente.
Gli effetti di queste scritture sul bilancio sono molteplici. Nel Conto Economico, i ratei garantiscono che costi e ricavi siano attribuiti correttamente al periodo di competenza, evitando sottostime o sovrastime del risultato. Nello Stato Patrimoniale, i ratei attivi compaiono tra le attività correnti e i ratei passivi tra le passività correnti, rappresentando rispettivamente crediti e debiti maturati. In questo modo, il bilancio fornisce un quadro fedele della situazione economico-finanziaria, indipendentemente dalla tempistica dei flussi di cassa.
La corretta contabilizzazione dei ratei assume particolare rilevanza in ottica di trasparenza e attendibilità del bilancio. Soci, creditori e investitori si affidano alle informazioni contabili per valutare la solidità e la redditività dell’impresa. Errori nel calcolo o nella registrazione dei ratei potrebbero compromettere la rappresentazione del risultato d’esercizio e alterare gli indicatori di equilibrio patrimoniale e finanziario. Conoscere come si calcolano i ratei e come si contabilizzano significa dunque garantire l’affidabilità delle informazioni e la conformità alle norme civilistiche e ai principi contabili nazionali.
ESEMPI PRATICI DI CALCOLO E REGISTRAZIONE
Per comprendere appieno come si calcolano i ratei, è utile analizzare alcuni esempi numerici. Immaginiamo che un’impresa stipuli un contratto di affitto annuale per 12.000 euro, con pagamento posticipato al termine del periodo. Al 31 dicembre, l’impresa ha già usufruito dell’immobile per tre mesi, generando un costo di competenza pari a 3.000 euro. La scrittura contabile alla chiusura dell’esercizio registra in Dare “Affitti passivi” per 3.000 euro e in Avere “Ratei passivi” per 3.000 euro. Nell’esercizio successivo, al momento del pagamento dell’intero canone, la scrittura prevede in Dare “Ratei passivi” per 3.000 euro e “Affitti passivi” per 9.000 euro, e in Avere “Banca c/c” per 12.000 euro.
Un secondo esempio riguarda un finanziamento con interessi semestrali posticipati di 600 euro. Al 31 dicembre, sono maturati cinque mesi di interessi, pari a 500 euro. La scrittura contabile al 31 dicembre prevede in Dare “Ratei attivi” per 500 euro e in Avere “Interessi attivi” per 500 euro. Al momento dell’incasso, pari a 600 euro complessivi, la scrittura registra in Dare “Banca c/c” per 600 euro e in Avere “Ratei attivi” per 500 euro e “Interessi attivi” per 100 euro. In questo modo, il ricavo è correttamente attribuito ai due esercizi di competenza.
Questi esempi dimostrano concretamente come si calcolano i ratei e come vengano tradotti in scritture contabili che rispettano il principio di competenza economica. La loro funzione è garantire che il bilancio rifletta fedelmente la realtà economica, senza distorsioni dovute alla tempistica dei flussi finanziari. La precisione nel calcolo e nella registrazione dei ratei non è quindi un mero adempimento formale, ma una condizione necessaria per la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni contabili.

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