Risconti Passivi Bilancio: scopriamo cosa sono e come funziona la loro gestione!
Jun 04, 2025RISCONTI PASSIVI BILANCIO: DEFINIZIONE E FUNZIONE CONTABILE
I risconti passivi bilancio rappresentano una delle scritture contabili più importanti nell’ambito della competenza economica dei costi e dei ricavi, e sono classificati tra le passività del bilancio. Essi derivano da ricavi già incassati anticipatamente rispetto alla maturazione del correlato diritto di competenza. In altre parole, si tratta di importi che un’impresa ha già ricevuto, ma che devono essere imputati al conto economico di esercizi futuri, poiché il relativo servizio o la prestazione cui si riferiscono non è ancora stata effettuata. La corretta rilevazione dei risconti passivi è fondamentale per rispettare il principio di competenza economica, previsto dal codice civile e dai principi contabili nazionali e internazionali.
Nel contesto normativo italiano, i risconti passivi trovano il loro fondamento nell’articolo 2424 del Codice Civile, che disciplina la struttura dello stato patrimoniale, e nell’articolo 2425, che regola il conto economico. Essi vengono collocati tra le "ratei e risconti" nel passivo dello stato patrimoniale, precisamente nella voce D del passivo. Secondo l’OIC 18 (Organismo Italiano di Contabilità), i risconti passivi devono essere rilevati quando si verificano due condizioni principali: il pagamento è già stato effettuato da parte del cliente (quindi l’impresa ha ricevuto un’entrata), e la prestazione corrispondente si riferisce, in tutto o in parte, ad esercizi futuri. Se queste condizioni non sono rispettate, non è possibile iscrivere la posta tra i risconti passivi.
Dal punto di vista tecnico-contabile, i risconti passivi non rappresentano un debito vero e proprio, in quanto non esiste un obbligo di pagamento, bensì un obbligo di erogazione futura di una prestazione o di un servizio. È per questo che si classificano tra le passività di natura "fittizia" o meglio, tra le passività di riscontazione. L’impresa è chiamata a posticipare il riconoscimento del ricavo al periodo in cui sarà effettivamente maturato. Il principio è quello di non sovrastimare i ricavi dell’esercizio corrente e di rinviare al futuro ciò che appartiene ad esso.
Dal punto di vista operativo, la rilevazione di un risconto passivo bilancio avviene tipicamente in sede di scritture di assestamento di fine esercizio. La scrittura contabile prevede l’utilizzo di un conto economico che rettifica i ricavi già registrati e il contemporaneo incremento della voce di risconto passivo nello stato patrimoniale. Questo meccanismo garantisce che i ricavi siano correttamente correlati ai costi sostenuti nello stesso esercizio, rispettando il principio della correlazione tra costi e ricavi.
È importante sottolineare che i risconti passivi devono essere oggetto di una valutazione prudente e coerente, in modo da evitare errori che potrebbero influenzare in modo significativo la rappresentazione veritiera e corretta del bilancio. In fase di redazione del bilancio, l’impresa deve riesaminare i risconti passivi iscritti l’anno precedente per verificare se la prestazione è stata effettuata e quindi se occorre eliminarli dal bilancio, trasferendo l’importo al conto economico.
Un caso tipico in cui si genera un risconto passivo riguarda i contratti di locazione anticipata. Se, ad esempio, un cliente paga l’affitto per un anno intero in anticipo, la parte di affitto relativa all’anno successivo deve essere rinviata a nuovo come risconto passivo. Analogamente, ciò accade per l’incasso anticipato di abbonamenti a servizi periodici, come riviste o manutenzioni, oppure per la vendita di beni o servizi pluriennali, come corsi di formazione, licenze software e altri beni immateriali con fruizione futura.
Infine, è utile chiarire che i risconti passivi non vanno confusi con i ratei passivi, che invece rappresentano costi di competenza dell’esercizio corrente, ma non ancora pagati. I risconti passivi si riferiscono a ricavi futuri già incassati, mentre i ratei passivi si riferiscono a spese future da pagare per prestazioni già ricevute. Entrambi, comunque, rientrano nelle scritture di rettifica, ma con significati e riflessi economici opposti. La distinzione è fondamentale per la corretta applicazione del principio di competenza.
ISCRIZIONE, VALUTAZIONE E CESSAZIONE DEI RISCONTI PASSIVI
La gestione contabile dei risconti passivi bilancio segue un processo articolato che comprende la loro iscrizione iniziale, la valutazione nel corso del tempo e la successiva cessazione. Ognuna di queste fasi è regolata da principi contabili che ne disciplinano l’applicazione, al fine di assicurare la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
L’iscrizione di un risconto passivo avviene al momento della chiusura dell’esercizio, quando si riscontra che un ricavo è stato contabilizzato per intero ma la sua competenza è solo parziale rispetto all’anno in corso. La scrittura contabile prevede l’utilizzo di un conto di ricavo in diminuzione, a fronte della rilevazione della voce "risconti passivi" tra le passività dello stato patrimoniale. Ad esempio, se un’azienda ha incassato un canone annuale di manutenzione di 12.000 euro il 1° ottobre, al 31 dicembre saranno maturati solo tre mesi di competenza, pari a 3.000 euro. I restanti 9.000 euro saranno rilevati come risconto passivo.
L’importo da iscrivere come risconto passivo deve essere calcolato con precisione sulla base del tempo e della natura della prestazione da erogare. Nei casi più semplici, come quelli a maturazione lineare (ad esempio, affitti o abbonamenti periodici), il calcolo si effettua suddividendo l’importo totale in quote temporali. In altri casi, più complessi, può essere necessario valutare in modo analitico le prestazioni non ancora erogate. È fondamentale che il criterio di valutazione sia omogeneo nel tempo, per assicurare la comparabilità dei bilanci nel corso degli esercizi.
Nel corso dell’esercizio successivo, il risconto passivo verrà progressivamente stornato, in modo da riconoscere nel conto economico il ricavo che diventa via via di competenza. Ciò avviene in occasione delle scritture contabili periodiche, o comunque al termine dell’esercizio. Il processo di storno comporta la diminuzione del valore del risconto passivo nello stato patrimoniale e il corrispondente incremento del ricavo nel conto economico. Questo meccanismo consente di allineare il ricavo alla competenza temporale della prestazione.
La cessazione del risconto passivo avviene quando la prestazione è stata interamente erogata. In quel momento, l’intero importo viene riconosciuto come ricavo nel conto economico. È importante monitorare costantemente i risconti passivi iscritti in bilancio per evitare che rimangano attivi senza una reale giustificazione. I principi contabili richiedono che le scritture di rettifica vengano aggiornate periodicamente per riflettere la reale situazione dell’impresa.
Dal punto di vista documentale, l’impresa deve conservare adeguata documentazione che giustifichi l’iscrizione dei risconti passivi. Ad esempio, contratti, fatture, corrispondenza commerciale e ogni altro documento che dimostri l’effettiva esistenza del ricavo anticipato. La mancanza di adeguata documentazione potrebbe far venire meno i presupposti per la rilevazione del risconto, con potenziali conseguenze fiscali e civilistiche.
Un aspetto rilevante riguarda la valutazione dei risconti passivi in sede di redazione del bilancio consolidato. In tale contesto, i risconti passivi possono avere un impatto significativo sulla rappresentazione dei ricavi del gruppo, specialmente in presenza di contratti pluriennali. È quindi necessaria una particolare attenzione nella rilevazione uniforme tra le società consolidate, per evitare distorsioni e duplicazioni.
Dal punto di vista fiscale, i risconti passivi sono generalmente irrilevanti ai fini della determinazione del reddito imponibile. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate può effettuare verifiche sulla correttezza della competenza dei ricavi e, in caso di risconti non giustificati, procedere a contestazioni. È quindi importante mantenere una contabilità accurata e coerente con i principi contabili nazionali (OIC) e, per le imprese che redigono il bilancio in base agli IFRS, con i principi internazionali.
In sintesi, la corretta gestione dei risconti passivi bilancio implica una serie di valutazioni tecniche, contabili e documentali che devono essere effettuate con rigore e continuità. L’obiettivo principale è quello di garantire che i ricavi siano imputati nel corretto esercizio, evitando rappresentazioni fuorvianti che potrebbero compromettere l’attendibilità del bilancio e la trasparenza nei confronti degli stakeholder.
ESEMPI PRATICI DI RISCONTI PASSIVI NEL BILANCIO
Per comprendere appieno l’importanza e il funzionamento dei risconti passivi bilancio, è utile analizzare alcuni esempi concreti che illustrano la loro applicazione pratica in diversi contesti aziendali. Tali esempi permettono di evidenziare la varietà di situazioni in cui un’impresa si trova a dover iscrivere un risconto passivo in bilancio e le conseguenze che ne derivano in termini di rappresentazione economica e finanziaria.
Un primo esempio classico è rappresentato dal pagamento anticipato di un canone di locazione da parte di un cliente. Supponiamo che un’impresa immobiliare stipuli un contratto di affitto con decorrenza 1° ottobre per un anno intero, e incassi anticipatamente 12.000 euro. Al 31 dicembre, la quota di competenza dell’anno in corso è pari a 3.000 euro (ottobre, novembre e dicembre), mentre i restanti 9.000 euro devono essere rinviati all’esercizio successivo mediante l’iscrizione di un risconto passivo. La scrittura contabile di assestamento comporterà quindi una rettifica dei ricavi e l’iscrizione del risconto passivo tra le passività dello stato patrimoniale.
Un secondo caso frequente riguarda la vendita di abbonamenti a servizi periodici. Si pensi a una casa editrice che vende un abbonamento annuale a una rivista per un importo di 120 euro, incassato in data 1° luglio. Al 31 dicembre, solo sei mesi sono di competenza dell’esercizio in corso, per un importo pari a 60 euro. I restanti 60 euro, relativi al periodo gennaio-giugno dell’anno successivo, devono essere contabilizzati come risconto passivo. Questo esempio evidenzia la necessità di suddividere il ricavo in base alla durata effettiva del servizio, rispettando il principio della competenza economica.
Altro esempio riguarda l’ambito della formazione e consulenza. Immaginiamo un’azienda che organizza corsi di formazione aziendale su base annuale e incassa in anticipo la quota di partecipazione da parte delle imprese clienti. Se l’incasso avviene il 15 novembre per un corso che si svolgerà da gennaio a dicembre dell’anno successivo, l’intero importo ricevuto costituisce un risconto passivo bilancio. In tal caso, al 31 dicembre non è stata ancora erogata alcuna prestazione e l’importo deve essere integralmente differito all’esercizio futuro.
Nel settore dei servizi informatici, un altro esempio interessante è quello delle licenze software o dei servizi cloud venduti con pagamento anticipato. Se un’azienda vende una licenza d’uso di 24 mesi al prezzo di 2.400 euro, incassando l’importo alla firma del contratto in gennaio, dovrà imputare al conto economico ogni mese 100 euro (2.400 diviso 24). Al termine del primo anno, saranno di competenza 1.200 euro, mentre i restanti 1.200 euro costituiranno un risconto passivo da iscrivere in bilancio. Questo consente di distribuire correttamente il ricavo lungo tutta la durata del contratto.
Un ulteriore caso si può verificare in presenza di contratti pluriennali di manutenzione. Ad esempio, un’azienda produttrice di macchinari stipula un contratto di manutenzione triennale con un cliente, incassando subito 30.000 euro. La prestazione si estende su tre anni e, quindi, ogni esercizio dovrà registrare 10.000 euro di ricavo, rinviando la quota non ancora maturata a risconto passivo. Alla fine del primo esercizio, i due terzi dell’importo totale saranno ancora da maturare e dovranno essere iscritti come risconti passivi.
Tutti questi esempi evidenziano come l’adozione di criteri coerenti di valutazione e suddivisione temporale sia fondamentale per il trattamento dei risconti passivi. È evidente che la tipologia del contratto, la durata della prestazione e la data di incasso influenzano direttamente la rilevazione del risconto passivo bilancio. Le aziende devono dunque predisporre sistemi contabili in grado di rilevare con precisione tali elementi, per evitare errori o approssimazioni che potrebbero compromettere la veridicità del bilancio.
Infine, va ricordato che l’utilizzo dei risconti passivi non è solo un obbligo normativo, ma anche uno strumento per migliorare la qualità informativa del bilancio. Separare correttamente i ricavi di competenza futura da quelli dell’esercizio consente agli stakeholders di comprendere meglio la reale redditività dell’impresa nel periodo di riferimento. Un’errata imputazione dei ricavi, infatti, può dare luogo a sovrastime dei risultati economici, alterando l’analisi delle performance aziendali e influenzando decisioni di investimento, concessione di credito o distribuzione di utili.
IMPATTO DEI RISCONTI PASSIVI SULLA LETTURA DEL BILANCIO
L’inclusione dei risconti passivi bilancio nella struttura dello stato patrimoniale e del conto economico ha importanti implicazioni per l’analisi e l’interpretazione del bilancio d’esercizio. La corretta valutazione dei risconti passivi contribuisce in maniera determinante alla qualità informativa del bilancio e alla rappresentazione fedele della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
Uno degli effetti principali dei risconti passivi è quello di attenuare l’effetto distorsivo che può derivare dalla contabilizzazione anticipata dei ricavi. Se un’impresa incassa somme relative a prestazioni future, senza differirle mediante risconti passivi, i ricavi dell’esercizio risulterebbero sovrastimati, con conseguente alterazione dell’utile di periodo. Questa situazione, se reiterata, può compromettere la comparabilità tra esercizi, distorcere gli indici di redditività e influenzare negativamente il processo decisionale degli stakeholder.
Dal punto di vista dello stato patrimoniale, i risconti passivi rappresentano una passività che segnala l’esistenza di un’obbligazione implicita: l’impresa ha già ricevuto un corrispettivo e deve ancora fornire il servizio promesso. In questo senso, i risconti passivi migliorano la trasparenza del bilancio, indicando chiaramente l’ammontare dei ricavi non ancora maturati. La presenza di una voce significativa di risconti passivi può anche fornire indicazioni utili sulla solidità commerciale dell’azienda, mostrando la capacità di acquisire contratti con pagamento anticipato.
Anche nella valutazione del flusso di cassa, i risconti passivi giocano un ruolo non trascurabile. Poiché si tratta di ricavi già incassati ma non ancora di competenza, la loro inclusione tra le passività permette di disaggregare meglio le fonti di cassa operative e di individuare eventuali fenomeni di anticipazione. Una crescita anomala dei risconti passivi potrebbe suggerire un eccessivo ricorso a incassi anticipati, talvolta sintomatico di strategie di copertura del fabbisogno di liquidità.
Gli analisti finanziari devono prestare attenzione anche al rapporto tra risconti passivi e ricavi. Un rapporto troppo elevato potrebbe indicare che una parte consistente del fatturato è costituita da ricavi non ancora maturati, con implicazioni sulla qualità degli utili. In questo senso, il ricorso sistematico ai risconti passivi richiede una disclosure dettagliata in nota integrativa, per consentire una piena comprensione della struttura dei ricavi aziendali e della loro distribuzione temporale.
Nel bilancio consolidato, i risconti passivi possono assumere particolare rilevanza per gruppi societari con attività di servizi, consulenza o formazione. La corretta aggregazione e armonizzazione dei risconti passivi tra le varie società del gruppo è essenziale per evitare duplicazioni e rappresentazioni distorte. In contesti internazionali, occorre inoltre verificare la compatibilità delle prassi adottate con i principi contabili applicabili, come gli IFRS, che regolano in modo stringente la contabilizzazione dei ricavi e la loro competenza temporale.
Infine, anche in sede di revisione legale dei conti, i risconti passivi sono oggetto di particolare attenzione. Il revisore è chiamato a verificare che l’iscrizione dei risconti passivi sia correttamente documentata, coerente con i principi contabili adottati e rappresentativa della reale situazione economica. La presenza di errori nella determinazione dei risconti può essere sintomo di carenze nei controlli interni e generare rilievi in sede di relazione di revisione.
In conclusione, i risconti passivi bilancio non costituiscono una semplice scrittura di assestamento, ma un elemento cardine nella costruzione di un bilancio attendibile e informativo. La loro corretta gestione richiede competenze tecniche, attenzione normativa e una visione d’insieme che tenga conto delle implicazioni economiche, finanziarie e fiscali. In un contesto economico sempre più orientato alla trasparenza e alla responsabilità, la qualità della rilevazione contabile dei risconti passivi rappresenta un indicatore chiave della governance e dell’affidabilità di un’impresa.

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